Complesso Museale di Sant’Agostino

Complesso di Sant’Agostino

Complesso Museale di Sant’Agostino
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Descrizione

Difronte al compresso di Sant’Agitino possiamo ammirare PALAZZO PIERI, uno dei pochi esempi di ar­chitettura cinquecentesca presente a Mon­talcino. L’importante portale d’ingresso sor­montato da uno stemma getta lo sguardo su una corte interna rinascimentale, articolata su due piani, di cui il superiore è costituito da una loggia con porticato ad arco; un poz­zo conferma l’epoca cinquecentesca dell’archi­tettura del palazzo. Dall’anno 1555 all’anno 1559 il palazzo fu sede del distaccamento della guarnigione francese comandata da Blaise de Monluc, inviata dall’Imperatore Enrico II in aiuto della costituita giovane Repubblica di Siena in Montalcino. Dopo la definitiva caduta della Repubblica di Siena fu proprietà, nel corso del XVIII secolo, della famiglia Clementi; un membro di questa famiglia fu Capitano di Giustizia, la nuova autorità costituita dai Medici per sostituire quella del Podestà. Acquistato nel XIX secolo dai Lovatelli, conti di Argiano, venne poi venduto e divenne nello stesso secolo palazzo Pieri-Pecci.

CHIESA DI SANT’AGOSTINO

 La semplice linearità degli esterni, con la facciata in stile romanico arricchita da elementi gotici, come il portale in marmo ed il rosone sovrastante, contrasta fortemente con la finezza degli interni. Nove vetrate raffiguranti santi e beati, altrettanti affreschi alle pareti di epoche differenti a partire dal XIV secolo. Sulle pareti del coro si conservano dei preziosi affreschi di scuola senese del XIV sec. attribuiti al pittore senese Bartolo di Fredi. Sulle pareti laterali altri affreschi, attribuiti ancora all’attività di Bartolo di Fredi, raffigurano i santi Ansano, Galgano, Gregorio Ma­gno ed un santo monaco. Risalenti al medesimo periodo ma di auto­re ignoto sono le scene affrescate sulla parete destra con la Passione di Cristo e la Vita di sant’Antonio Abate, l’Arcangelo Michele che sconfigge il drago. Sull’altare maggiore spicca un bel crocifisso ligneo del XVI sec. Nella parete di sinistra della navata, vi sono invece piccoli riquadri affrescati raffi­guranti fatti della Vita di sant’Agostino; al centro la figura del santo (XV sec.), so­pra il fonte battesimale un san Giovanni Battista tra i santi Pietro e Paolo (XVI sec.); Cristo che emerge dal Sepolcro tra gli em­blemi della Passione. Una radicale trasfor­mazione è avvenuta in epoca barocca, con la sostituzione dei primitivi altari e la copertura di una parte degli affreschi medievali. Quando siano arrivati gli agostiniani a Montalcino è un mistero, ma sicuramente dopo il 1227. Doveva esserci allora solo una piccola chiesa e un piccolo convento. Ricostruire la storia del convento di Sant’Agostino non è semplice. Le notizie che ci sono pervenute sono scarse e talvolta di poco interesse. Dal 1744 viene chiamato convento di Sant’Agostino, ma il suo nome originale è convento dei Santi Filippo e Giacomo da Montalcino, a cui è titolato. Il nome ancora oggi in uso deriva dalla presenza dei monaci agosti­niani che lo occupavano. La costruzione della chiesa attuale risale alla fine del sec. XIII o agli inizi del XIV (la data 1360, rinvenuta sotto l’affresco raffigurante Santa Caterina d’Alessandria, costituisce indubbiamente un importante termine per la datazione). Nel 1291 Ranaldo, Vescovo di Siena, concede indulgenza a chi contribuirà alla costruzione di detta chiesa e nel 1334 Ser Daddo Brunicelli, ret­tore dello Spedale della Misericordia, lascia per testamento parte dei suoi beni per portare a termine la costruzione della chiesa di Sant’Agostino ai santi Apostoli Filippo e Giacomo. Portata a com­pimento la costruzione della chiesa, si provvide alla costruzione dell’ampio convento. Nel corso dei se­coli, la chiesa di Sant’Agostino ha su­bito numerose manomissioni. La più drammatica fu quella del Settecento, quando fu arricchita con altari baroc­chi, nuove finestre aperte sopra agli affreschi esistenti e una tamponatura delle capriate lignee del soffitto. Nel 1904, per iniziativa del vescovo Besti­ni e del rettore del seminario Guerri, si diedero inizio ai lavori di restauro del complesso. L’architetto Lorenzo Porciatti di Grosseto aveva realizza­to un progetto che avrebbe dovuto riportare la chiesa agli antichi splen­dori. Dal 1904 al 1912, con varie soste riprese, furono riaperte le finestre originali, fu restaurato il rosone della facciata, fu iniziata la ricostruzione del portale seguendo i re­sti sopravvissuti ‘all’abbellimento’ barocco, fu risistemata la bifora dell’abside e furono ripuliti gli affreschi dalla calce che li ricopriva. I restauri furono interrotti durante la Grande Guerra; la chiesa fu utilizzata come magazzino per il fieno. In seguito, divenne una ca­serma dei Bersaglieri. Nel 1936 grazie al podestà Giovanni Colom­bini ripresero i lavori di restauro. Si demolirono gli altari barocchi sostituendoli con altri quattro in travertino di Rapolano, realizzati ex novo, su disegno di Egisto Bellini; fu abbattuta una cappella non originale, furono riportati alla luce altri affreschi e furono ricreate dalla ditta Masini di Firenze le vetrate per i finestroni laterali. Adia­cente alla chiesa sulla sinistra troviamo l’ex convento degli agosti­niani, un edificio monastico che conserva all’interno due incante­voli chiostri del 1500. Già nel 1786 cessò il suo ruolo e la funzione di Convento e successivamente venne trasformato in Seminario. A partire dagli anni Ottanta dello scorso secolo, il complesso è stato oggetto di restauri che lo hanno trasformato in museo.

 

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Servizi presenti nel luogo

MUSEI DI MONTALCINO

La struttura museale, che riunisce due entità museografiche, il Mu­seo Civico e il Museo Diocesano, trova spazio dal 1997 negli anti­chi locali dell’ex convento di Sant’Agostino. Il Museo Civico si era formato alla fine del secolo scorso, raggruppando opere provenien­ti dalla chiesa di San Francesco e dall’antico Palazzo Comunale. Venne ristrutturato ed inaugurato nel 1958. Il Museo Diocesano, avendo reso permanente il cospicuo patrimonio artistico raccolto per la Mostra di Arte Sacra, tenutasi a Montalcino nel 1925, fu defi­nitivamente inaugurato nel 1953. Proble­mi di conservazione delle opere, necessità di rispettare nuovi criteri museografici, esigenze di ampliare gli spazi espositivi, urgenza di ricoverarvi nuove opere pro­venienti da monumenti e luoghi di culto non più sicuri, suggerirono negli anni ’80 del secolo scorso la generale ristruttura­zione dei musei unificati. Il Museo Civico e Diocesano di Montalcino è uno dei più importanti musei d’arte medievale e mo­derna della Provincia di Siena e fa parte della Fondazione Musei Senesi. Collocato su tre piani, conta 12 sale aperte al pub­blico contenenti quasi 200 opere d’arte, divise in sculture, tavole e tele dipinte, affreschi, paramenti sacri, codici miniati, ceramiche, oreficeria ed arredi sacri. La collezione offre una panoramica ampia ed organica della produzio­ne artistica senese, dal medioevo al novecento storico. Un trittico ed un polittico documentano che l’influenza del grande caposcuola Duccio di Buoninsegna fu molto avvertita, anche quando persona­lità del calibro di Simone Martini e dei fratelli Pietro ed Ambrogio Lorenzetti mostravano più moderne soluzioni. Un san Pietro ed un san Paolo si dichiarano dell’ultima maniera di Ambrogio Lo­renzetti. La generazione che superò la Peste Nera del 1348 è rappresentata da Luca di Tommè in una bellissima Ma­donna col Bambino e dal “Maestro di Panzano” in una Ma­donna col Bambino e santi ed in modo particolare dal grande Bartolo di Fredi che svolse un’intensa attività per le chiese di Montalcino. Spicca indiscusso il suo complesso e gran­dioso polittico dedicato all’Incoronazione della Vergine ed alle storie della sua vita. Quest’opera, firmata e datata 1388, viene per la prima volta ricomposta, riunendo tavole del museo ilcinese con tavole che dall’Ottocento erano state trasferite presso l’Accademia delle Belle Arti di Siena. Anche l’arte tardo-gotica è ben rappresentata da una raffinata Madon­na col Bambino e angeli di Sano di Pietro. Per il Cinquecen­to, i modi del Sodoma sono riconoscibili in una raffinata Crocifissione di Giovanni di Lorenzo e una Madonna della Misericordia del sangimignanese Vincenzo Tamagni rivela qualche riflesso della maniera di Raffaello, mentre la biz­zarria e la grazia del Beccafumi si ritrovano in una grande tavola raffigurante la Sacra Famiglia con san Francesco del suo più bravo allievo Marco Pino. Sempre per il Cinquecento da segnalare un bellissimo gruppo di sculture robbiane: San Sebastiano; pala d’altare con Madonna, Bambino e santi e una deliziosa ghirlanda, opere di Andrea della Robbia e bottega. Di particolare importanza per il Museo è il cospi­cuo nucleo di scultura lignea policroma, considerato uno dei più importanti d’Italia. I modi forti ed espressivi di Gio­vanni Pisano si riflettono in una Madonna col Bambino, un piccolo Crocifisso dai tratti sottili ed eleganti si dimostra come un prodotto di Giovanni d’Agostino, grande scultore ed architetto del Duomo di Siena, che nelle sculture seppe tradurre le sofisticate figurazioni di Simone Martini. Attestano l’alto livello dei maestri senesi di le­gname della seconda metà del 1300, due gruppi dell’Annunciazione ed alcuni crocifissi. La stagione della scultura tardo-gotica è invece rappresentata da un San Giovanni Battista dell’orafo-scultore senese Giovanni di Turino, che si dimostrò un fedele seguace del fiorenti­no Lorenzo Ghiberti, nonché due figure intagliate di Francesco di Valdambrino: un’imponente San Pietro ed un tenero crocifisso che segna l’apice di questo gentile e raffinato scultore, amico e collabo­ratore di Jacopo della Quercia. Altri dipinti e sculture documentano la produzione del XVI e XVII sec. Il museo conserva anche un’ec­cezionale collezione di quarantanove boccali, un albarello ed una giara in maiolica arcaica, prodotti localmente fra la fine del 1200 e gli inizi del 1300, una raccolta di paramenti sacri e di orefice­ria dal XVI al XVIII sec. e codici finemente miniati: due volumi della Bibbia Atlantica che sembra provenire - anche se senza fon­damento documentario - dall’abbazia di Sant’Antimo e due Antifonari (XIV - XV sec.). In due quadri d’inizio ‘900, l’Approdo dei Missionari fra gli indigeni del Rio delle Amazzoni e la Vaccinazione nella campagna senese, il pit­tore e fotografo Arturo Luciani, illustre cittadino mon­talcinese, seppe coniugare la lezione dei puristi Luigi Mussini ed Alessandro Franchi con il realismo dei Macchiaioli. Infine, anche se non per ultima come valore, merita di essere citata tra le opere d’arte conservate in questo bellissimo ‘contenitore’, una croce dipinta, della fine del XII secolo, reliquia rarissima nel ter­ritorio senese, proveniente dall’abbazia di Sant’Antimo.

Fa parte del Museo la Sezione Archeologica.  Il territorio di Montalcino risulta abitato fin dall’età Paleolitica e Neolitica, come attesta il ritrovamento di una ‘Industria Litica’ che ha conservato oltre duemila utensili in pietra. L’Età del Bronzo è presente con un villaggio (II millennio a. C.), dotato di ripari per le capanne ed una grotta sepolcrale. Regolari scavi hanno restituito interessanti reperti ceramici, vasellame da mensa e da cucina fi­nemente decorati. La successiva Età del Ferro ha lasciato tracce di castellieri protostorici e sporadiche presenze attestanti la vita sino alla civiltà villanoviana. La civiltà etrusca ha costellato il territorio di semplici tombe a camera; dai corredi funebri sono state recupe­rate ceramiche, anche in bucchero, utensili e ornamenti. I romani, subentrati agli etruschi, hanno lasciato, non solo nel territorio, ma anche nell’attuale centro storico resti di abitazioni, di sepolture e testimonianze di vita. Il consistente patrimonio archeologico, recu­perato anche grazie ad una costante attività di volontariato, è con­servato nella sezione archeologica del Museo Civico e Diocesano. Questa sezione già preesistente dal 1958 era originariamente ubi­cata all’interno del nuovo Palazzo Comunale in piazza Cavour. Il museo, all’interno del quale si può ripercorrere la storia archeologi­ca del territorio di Montalcino dalla preistoria al periodo etrusco e romano fino al Medioevo, accoglie una raccolta di utensili in pietra, tra cui le pietre del Castelliere preistorico italico del colle Poggio Castellare, urne in pietra e vari reperti del deposito preistorico di Castelnuovo dell’Abate (punte di freccia, bulini, raschiatoi). Fanno parte della collezione anche le ossa di un deposito sepolcrale dell’età del Bronzo. Ricchi e numerosi i reperti del periodo etrusco (ciotole, orioli, anfore) provenienti da ritrovamenti in varie località intorno Montalcino, tra cui Poggio della Civitella e da tom­be rinvenute nella zona. Tra queste l’intero corredo della Tomba detta Fossa del Tesoro di Sant’Angelo in Colle ed alcuni arredi della Buca di Sant’Antimo del IV – III sec a. C. (orecchini, fuseruole, strigili, ciotole, affilatoi). Inoltre si potranno ammirare reperti del periodo romano ed anfore in terracotta del periodo barbarico (VI-VII sec.).

Fa parte del complesso museale il Tempio del brunello, un percorso immersivo ed  emozionale alla scoperta del Brunello, re dei vini e del territorio di Montalcino. L’esperienza comincia da InChiostro, dove una postazione con visori di realtà virtuale chiamata InVolo consentirà di immergersi fra ville, castelli, vigneti e i piccoli paesi del vasto territorio comunale. Passando nel chiostro scoperto, si scende in un ambiente ipogeo dove attraverso video immersivi si svelano i quattro pilastri fondanti che hanno reso il Brunello unico. Si passa poi fra le voci del Brunello, interviste ai personaggi che hanno reso il Brunello un mito.  Nel quadro divino il visitatore è invitato a lasciare il proprio segno attraverso la ‘palette cromatica’ dei colori di Montalcino. In Calix saranno presentati capolavori artistici, espressione dell’ispirazione e del lavoro creativo che la terra di Montalcino ha saputo infondere nell’uomo. (ft. Opera)

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Modalità d'accesso

accessibile

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Indirizzo

Via Ricasoli, 31, 53024 Montalcino SI, Italia
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